La tematica della cittadinanza ha prodotto una vasta letteratura, il cui contorno è spesso difficile da delimitare.
Tra i dibattiti che l‟attraversano, quello sulla permanenza o meno del legame tra emancipazione politica, diritti e appartenenza nazionale.
Certo, la cittadinanza moderna nasce come cittadinanza nazionale, e lo sviluppo tanto dei diritti dell’individuo quanto delle forme di democrazia liberale si sono storicamente verificati all‟interno e parallelamente a quello dello stato-nazione (Marshall 1950; Zo- lo,1994). Ciononostante, secondo la critica post-nazionalista (Soysal 1994; Bauböck 1994; Held 1995; Bosniak 2000; Sassen 2002), il paradigma nazionale non sarebbe più sufficiente a comprendere la realtà odierna della cittadinanza (Castles – Davidson 2000; Habermas 2000; Wieviorka 2001)1.
Al di là del dibattito sulla consistenza o meno della cittadinanza post-nazionale, sociologi, storici e studiosi politici si dividono nel considerare la cittadinanza come una «forma specifica, inedita, di divisione del lavoro politico» (Constant 1998), apparsa solo con l’avvento dello Stato nazionale moderno e per definizione inscindibile da questo – secondo la celebre formulazione di Hannah Arendt un cittadino è «per definizione un cittadino tra altri cittadini, di un paese tra altri paesi» (Arendt 1968: 81) – oppure come termine per indicare un più generico legame politico tra un individuo e il sistema giuridico- politico (Costa 2005) o tra un individuo e una comunità politica (Wiener 1997) – legame che può quindi assumere varie forme e di cui la cittadinanza stato-nazionale è solo una delle possibili varianti (id.; Joppke 1999).
Il dibattito
In tal senso, come osserva giustamente Bosniak (Bosniak 2000), il dibattito attorno alla cittadinanza post-nazionale rivela in realtà una discussione più profonda attorno alla definizione stessa di cittadinanza.
Se cittadinanza e nazione, sono stati per lungo tempo appannaggio della storia delle idee e della filosofia politica, entrambi i concetti si sono progressivamente aperti alla rifles- sione delle scienze sociali, dal pensiero sociologico alla storia sociale, e più recentemente anche ad approcci socio-antropologici e psicosociali.
Dopo il primo tentativo di analisi sociologica della cittadinanza, costituito dalla serie di conferenze tenute da Marshall nel 1949 a Cambridge (Marshall 1950), è soprattutto tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta che si assiste ad una vera e propria proliferazione della letteratura sulla cittadinanza, tanto che per Kymlicka e Norman – tra i primi a tentare una rassegna, «cittadinanza è diventata la buzz word tra i pensatori in ogni punto dello spettro politico» (Kymlicka – Norman 1994: 352)3. Larga parte di questa letteratura è dedicata ad una critica teorica che oppone concezioni moderne e post-moderne – femministe, multiculturaliste e postnazionaliste – della cittadinanza.
Nello stesso periodo, o con qualche anno d’anticipo, un altro concetto viene, per così dire, riscoperto dalle scienze sociali, quello di nazione. Se infatti già Weber aveva messo chiaramente in avanti il carattere costruito della nazione come credenza condivisa, frutto di un lavoro politico di attori diversi, Stato in primis (Weber 2005 [1921]), sono poi Anderson (2018 [1983]) Gellner (1983) e Brubaker (1994) a ricordare il bisogno delle scienze sociali di prendere le distanze da una concezione reificante della nazione4 per osservarne i processi di costruzione.
In questo articolo ci interessiamo alla maniera in cui il concetto di cittadinanza, e più particolarmente di cittadinanza nazionale, è stato interpretato e operazionalizzato al fine di aprirlo alla ricerca empirica di orientamento socio-antropologico. Proponiamo di distinguere tra due macro-approcci: una prima serie di studi propone una definizione della cittadinanza concreta, effettiva, e individua al suo interno delle componenti osservabili; una seconda serie di studi considera la cittadinanza piuttosto come un prodotto culturale da os- servare nella sua esteriorità, e si propone di studiare i diversi significati che ad essa vengono attribuiti.
Riteniamo questo secondo approccio – che articola analisi del discorso e delle rappresentazioni sociali, ed etnografia dell’azione pubblica – particolarmente proficuo per indagare la cittadinanza-nazionale nel cuore della sua fabbricazione. Infine, constatando il carattere embrionale di tale approccio in Italia, sosteniamo l’urgenza di sviluppare un’etnografia delle politiche pubbliche relative allo status citivitatis italiano.