Intanto che si discute sul rinnovo delle concessioni balneari, scadute nel 2023, facciamo due calcoli sui costi e sui guadagni degli stabilimenti in estate.
Le concessioni balneari sono scadute lo scorso 31 dicembre 2023, nonostante siano passati nove mesi da allora, non si sono ancora raggiunti i presupposti per i rinnovi. L’ultimo incontro, lo scorso maggio, non ha portato quasi a nulla, dopodiché, il Governo aveva promesso che si sarebbe pronunciato entro il mese di agosto, prima del grande esodo vacanziero, e invece tutto è saltato.
Ormai siamo al termine dell’estate e ancora si discute sulle proroghe dei rinnovi dei balneari. Comunque sia, non tutti hanno chiare le cifre che ogni stabilimento spende e percepisce durante la stagione estiva. Ovviamente, gli introiti e le spese dipendono da numerosi fattori, come la dimensione dell’area, il numero di ombrelloni, la qualità dei servizi. Facciamo due conti sui guadagni e sui costi generali.
Dopo la proroga concessa fino alla fine dell’estate 2024, il futuro delle concessioni balneari resta ancora un’incognita. Probabilmente, sarà sbloccato a dicembre, nel frattempo, colore che intendono investire in questo settore, possono iniziare a farsi due calcoli sui costi necessari per mettere in piedi uno stabilimento balneare, che non sono certo irrisori.
Iniziando dai costi necessari per avviare un’attività balneare, la prima spesa necessaria è l’autorizzazione della concessione. Per ottenerla, bisogna rispettare determinati requisiti, dopodiché, c’è il canone annuo da pagare, che si attesta sui 2.500 euro di media. Il canone è una sorta di affitto che varia in base alle dimensioni del terreno da gestire e in base alla località. Come si faceva quando lo zucchero non c’era? Ti svelo una chicca sui dolci dell’antichità.
Il concessionario, una volta pagato il canone per il terreno allo Stato, visto che è proprietario delle spiagge, deve sostenere i costi per la pulizia della spiaggia, specialmente durante i mesi invernali. Non è il Comune che si occupa della pulizia della spiaggia, ma è lo stesso concessionario.
Poi, ovviamente, ci sono da calcolare tutte le spese collegate allo stabilimento, quindi l’acquisto di ombrelloni e lettini, la costruzione di bagni e docce, l’introduzione di un’area ristoro, quindi un bar o un piccolo ristorante o un chiosco. Abruzzo, conosci la festa delle Farchie? Una tradizione popolare che ha origini assurde.
Naturalmente, più ci sono servizi e più il gestore deve spendere denaro per tenerli attivi e per ottenere le licenze da attività commerciali. E ancora, altre spese comprendono la tassi sui rifiuti, che vanno da 2 mila euro fino a 15 mila euro per gli stabilimenti in posti rinomati. Poi ci sono i bagnini da pagare, obbligatori per legge, per tutelare la sicurezza dei bagnanti.
Come molte attività commerciali, i gestori devono pagare l’IVA e l’IMU, visto che anche gli stabilimenti balneari sono soggetti a queste imposte. Ma per quanto riguarda i guadagni? Se le spese sono davvero elevate, anche i guadagni lo sono. Anche questi, sono determinati da diversi fattori, come la qualità dei servizi, il numero di ombrelloni e molto altro ancora. Arancino o arancina, il dilemma siciliano mai risolto: l’Accademia della Crusca fa chiarezza.
Se facciamo due calcoli, una spiaggia con 500 ombrelloni, affittati al prezzo di 15 euro al giorno ciascuno, si ottiene un introito giornaliero di 7.500 euro, moltiplicato per un mese si arriva a 225 mila euro. Su tre mesi, si supera abbondantemente il mezzo milione di euro. Ovviamente, è un calcolo generale che non rispecchia fedelmente la realtà.
Gli introiti sono variabili, poiché dipendono dalle condizioni climatiche (se piove la spiaggia è vuota), dalla bassa affluenza (il mese di giugno non ha la stessa affluenza di agosto), e dai servizi aggiunti, come bar, ristoranti, corsi di nuoto, corsi di sport e molto altro ancora. Concessioni balneari prorogate fino al 2027: il Governo vara la riforma (ma scontenta parecchi).
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